martedì 31 maggio 2016

L'ORIGINE DEL CODICE GENETICO: La teoria elettrocinetica



Post n.27

L’origine del codice genetico è stato definito: l’enigma universale.
Per rendere comprensibile il ragionamento a chi non avesse letto gli articoli precedenti, e per non perdere l’unità dell’argomento, è utile riproporre cosa si intende per codice genetico, cioè la legge di corrispondenza tra l`mRNA e gli amminoacidi per la sintesi delle proteine.
L’mRNA è l’acido nucleico messaggero che trasporta l’informazione per la sintesi delle proteine ed è costituito da nucleotidi. I costituenti dei nucleotidi sono:
il gruppo fosfato: (H2PO4)-.
Uno zucchero, il Ribosio, il quale esiste in due forme Destro e Levo una l’immagine speculare dell’altra. Nei nucleotidi entra a far parte solo il destro: il D-Ribosio.

Quattro basi azotate: A (Adenina) e G (Guanina) appartenenti alla famiglia delle Purine, U (Uracile) e C (Citosina) appartenenti alla famiglia delle Pirimidine.

Il legame tra un gruppo fosfato, una molecola di Ribosio e una molecola qualsiasi delle quattro basi danno origine a quattro diversi composti che prendono il nome di nucleotidi. Dei quattro nucleotidi, come esempio si riporta l'Adenosin-5-fosfato.






Legando insieme alcune centinaia di nucleotidi diversi si ottiene un macromolecola: l’mRNA


(Figure da: “Lezioni di biofisica)” di Mario Ageno

Nell’mRNA ai tre nucleotidi adiacenti si dà il nome di “tripletta” e si indicano con le lettere delle basi. Per esempio, nella figura i tre nucleotidi che espongono le basi UAC costituiscono una tripletta. Se a seguire, nella figura, ci fossero GUA, saremmo in presenza di un’altra tripletta e così via. A partire da questa macromolecola di RNA, attraverso un processo, oggi abbastanza complesso, vengono assemblate le proteine. Ad ogni tripletta (detta anche codon) corrisponde uno specifico amminoacido, uno e uno solo, e tale legge di corrispondenza, rappresentata con 3:1, viene chiamata: codice genetico. Anche se negli ultimi decenni sono state scoperte alcune eccezioni, si può affermare che tutti gli organismi viventi sul nostro pianeta utilizzano lo stesso codice genetico, esso è quindi universale.
Avendo a disposizione quattro nucleotidi i modi in cui li possiamo disporre tre a tre, cioè il totale delle triplette che possiamo ottenere, sono 43 = 64. Tre di queste triplette sono utilizzate come segnale di termine (t.), quindi, in teoria, l’mRNA contiene l’informazione per 61 amminoacidi. Poiché gli amminoacidi a disposizione di tutti gli organismi viventi sono solo 20, il codice genetico è degenere nel senso che più triplette codificano per lo stesso amminoacido.
Per esempio le triplette che presentano in 1a, 2a, e 3a posizione GUU, GUC, GUA, GUG, codificano tutte lo stesso amminoacido: la Valina (Val).



Vediamo adesso, in modo molto sintetico, come funziona oggi la sintesi delle proteine negli organismi viventi.


(Figura elaborata: da Mario Ageno "Lezioni di biofisica")
Una particolare sequenza di nucleotidi dell’DNA (gene), contenente l’informazione per la sintesi di una ben determinata proteina, viene trascritta in mRNA. Tale molecola, come il nastro perforato di un vecchio elaboratore elettronico, scorre all’interno di un organello, il Ribosoma. Quest’ultimo, legge l’informazione contenuta nell’mRNA e ad ogni tripletta di basi consecutive dell’mRNA (codon) fa corrispondere l’amminoacido specifico. L’amminoacido, però, non entra direttamente nel ribosoma, ma viene trasportato da un particolare tipo di acido nucleico, il tRNA. Quest’ultimo contiene ad una estremità una tripletta di basi (anticodon), complementare al codon, e all’altra estremità l’amminoacido specifico. Tramite la partecipazione di enzimi gli amminoacidi Pro, Phe, Ala, Ser e seguito, vengono così legati (come nella figura), nell’ordine giusto, a formare la proteina.
Come abbiamo detto questa è una rappresentazione estremamente semplificata del processo. Basti pensare che il ribosoma batterico, consiste di due sub unità: la prima è legata a trentaquattro proteine e la seconda a ventuno proteine; entrambe contengono acidi nucleici. Una macchina così elaborata sicuramente non era presente in epoca prebiotica.  Inoltre, nella cellula, per ogni amminoacido è presente un adattatore, un tRNA, con un enzima specifico, cioè altre 40 molecole e se si aggiungono gli enzimi che partecipano a tutto il processo raggiungiamo la cifra di circa 50 composti. Un sistema così complesso è inimmaginabile agli albori della vita. Tutti gli scienziati che si occupano del problema, ritengono che alle origine doveva sicuramente esistere un processo di sintesi delle proteine molto più semplice e rudimentale.
Il primo ad elaborare una teoria sull’origine del codice genetico, un anno dopo la scoperta della doppia elica del DNA, fu George Gamow nel 1954. Egli propose una interazione diretta tra tripletta di acido nucleico e amminoacido. In verità a quell’epoca non era stato ancora scoperto il ruolo dell’mRNA. Inoltre Gamow non propose nessun meccanismo chimico-fisico alla legge di corrispondenza tra tripletta e amminoacido e fu quindi facile demolire la sua teoria. Se infatti si considera la sequenza di quattro basi UUCG, UUC codifica un amminoacido mentre UCG codifica un altro amminoacido, come avverrebbe la scelta. Senza un meccanismo chimico-fisico date quattro basi si può saltare da una tripletta ad un’altra e dare origine a proteine completamente diverse. La teoria di Gamow rimase comunque un’idea attraente.
Nel 1966 Woese, con altri ricercatori, pubblica: “The molecular basis for the genetic code”. Il lavoro riguarda una ricerca di cromatografia su carta per studiare l’interazione tra tripletta e amminoacido. Non potendo utilizzare direttamente né il trinucleotide né le basi, Woese e collaboratori scelsero come solvente la Piridina, un composto vicino alla Pirimidina capostipite delle basi Uracile e Citosina. Gli autori concludono che esiste una gerarchia nelle basi della tripletta, rispetto alla scelta degli amminoacidi, definibile in termini di interazione polare o non polare. In particolare la scelta dell’amminoacido è determinato principalmente dalla base in 2a posizione. La base in 1a posizione è vista come una perturbazione che sceglie tra amminoacidi simili, mentre la 3a posizione interagisce debolmente sulla scelta dell’amminoacido e gioca quindi un ruolo minore.
Analizzando la questione, Jaques Monod in “Il caso e la necessità” 1970 conclude con questa alternativa:
«a) La struttura del codice genetico è spiegabile in termini chimici o più esattamente stereochimici; se un certo codone è stato scelto per rappresentare un determinato amminoacido, vuol dire che, tra essi, esisteva una certa affinità stereochimica;
b) La struttura del codice è arbitraria dal punto di vista chimico; Il codice come noi lo conosciamo oggi, deriva da una serie di scelte casuali che lo hanno gradualmente arricchito.
La prima ipotesi sembra di gran lunga la più attraente, perché spiegherebbe l’universalità del codice e poi perché consentirebbe di immaginare un meccanismo di traduzione primitivo in cui l’allineamento sequenziale degli amminoacidi nella struttura polipeptidica sarebbe dovuta ad una interazione diretta tra gli amminoacidi e la stessa struttura replicativa».
Monod riporta quindi una conclusione di F. Crick del 1968: «Numerosi tentativi in questo senso sono stati effettivamente compiuti ma presentano un bilancio almeno per ora negativo». F. Crick già da tempo aveva proposto come ipotesi “l’accidente congelato”. L’origine del codice genetico, secondo questa ipotesi, sarebbe stato un evento casuale che una volta avvenuto si è congelato, cioè non è più potuto tornare indietro.
Nel 1984 Mario Ageno in “Lezioni di biofisica”, esamina la struttura formale del codice genetico da cui emerge, come vedremo più avanti, una certa centralità delle basi in 1a e 2a posizione nell’assegnazione dell’amminoacido. Egli riporta anche una proposta di Orgel: «All’inizio, U in 2a posizione avrebbe voluto dire amminoacido idrofobico, A amminoacido idrofilo, mentre C e G sempre in 2a posizione avrebbero significato amminoacidi intermedi tra i primi due gruppi».  Comunque, egli dopo aver preso in esame i lavori prodotti fino a quel periodo conclude che dopo le conclusioni di Crick del 1968 non si sono fatti passi avanti.
Nei lavori, successivi al 1984, si sono privilegiati processi metabolici o coevolutivi che prevedono comunque la presenza di altre molecole, principalmente tRNA, come adattatori. Tra questi ultimi lavori hanno destato qualche iniziale interesse i lavori di Yarus M. (RNA-ligand chemistry: a testable source for the genetic code, 2000) e di Yarus M1Caporaso JG, Knight (Origins of the genetic code: the escaped triplet theory, 2005). In essi si ipotizza, almeno per alcuni amminoacidi, una qualche interazione stereochimica diretta tra codone e amminoacido e che successivi processi evolutivi abbiano portato il codice a minimizzare gli errori di traduzione. Sembra che tali errori di traduzione dovuti ad errata lettura stiano nel rapporto di 10:1:100 per errori relativi rispettivamente alla 1a, 2a e 3a posizione. L’ipotesi, già avanzata da C. R. Woese nel 1965 per la tripletta UUU, è stata estesa dagli autori a tutte le triplette contenete un pirimidina 2a posizione.
È accertato il fatto che, una volta iniziato il processo di evoluzione cellulare, il codice genetico abbia subito qualche modifica. Come riportano Eugene V. Koonin  e Artem S. Novozhilov in “Origin and evolution of the genetic code: the universal enigma” 2009: «Oggi, ci sono ampie prove che il codice standard non è letteralmente universale, ma è soggetto a modifiche significative, pur senza cambiamenti alla sua organizzazione di base».
La questione è che i processi evolutivi presuppongono già l’esistenza di una vita cellulare. Ma in presenza di cellule, se l’evoluzione avesse contribuito all’origine del codice genetico, ogni specie vivente avrebbe elaborato un proprio codice genetico ed esso non sarebbe universale. L’origine del codice deve necessariamente precedere la vita cellulare e l’evoluzione Darwiniana. L’epoca dell’origine del codice genetico è l’epoca prebiotica. In definitiva, dopo oltre sessant’anni di ricerche, sembra accertata la centralità delle basi in 1a e 2a posizione nella scelta degli amminoacidi con la 2a base predominante, ma non conosciamo ancora l’origine del codice genetico.
Ma com’è stato possibile?
Forse alla base di tutto c’è un errore di fondo.
Come abbiamo visto il termine “tripletta” illustra molto bene la struttura del codice genetico, ma nasconde un fatto fondamentale da tutti trascurato: noi conosciamo le proprietà degli amminoacidi ma non conosciamo le proprietà della tripletta. Così, alla fine, ci siamo ritrovati a confrontare le proprietà chimico-fisiche degli amminoacidi con alcune lettere dell’alfabeto (U, A, C, G). Ma c’è di più: ogni base della tripletta è legata (come da immagine sopra) ad un Ribosio ed il Ribosio ad un gruppo fosfato a formare tre nucleotidi. Il legame, attraverso i gruppi fosfato, dei tre nucleotidi forma un trinucleotide che espone le tre basi, cioè la tripletta. Quindi le proprietà della tripletta non sono della tripletta stessa ma sono le proprietà di tutto il trinucleotide. Possiamo esprimere la questione in questo modo: i trinucleotidi, hanno proprietà specifiche che variano al variare della tripletta. È tutto il trinucleotide a specificare l’amminoacido e non la sola tripletta. Il rapporto 3:1, tre basi un amminoacido è concettualmente errato. La rappresentazione giusta sarebbe: un trinucleotide un amminoacido, 1:1. Possiamo lasciare, per comodità, la rappresentazione 3:1 ma esso deve essere inteso in questo modo: Il trinucleotide che espone quelle tre basi codifica uno specifico amminoacido. Ed è anche errato dire che i costituenti degli acidi nucleici sono i nucleotidi, perché il nucleotide non rappresenta nulla; i costituenti degli acidi nucleici sono i trinucleotidi. Il trinucleotide, può essere considerato una entità a sé, che interagisce con gli altri trinucleotidi nell’mRNA ma che deve presentare già di suo una peculiarità.
Ma abbiamo almeno un indizio dell’esistenza di questa peculiarità.
Come abbiamo già visto altrove, in riferimento alla legge di corrispondenza, Mario Ageno si chiede se il codice genetico sia stato fin dalle origini 3:1; è possibile che in epoca primitiva esso fosse diverso per esempio 2:1? Egli, in “Lezioni di Biofisica” 1984, esclude una simile eventualità, perché, in tal caso, tutti i processi metabolici realizzati con un codice 2:1 sarebbero andati persi nel passaggio ad un codice 3:1 e l’evoluzione avrebbe dovuto cominciare da capo, ma aggiunge: «È tuttavia ammissibile che all’inizio non tutte le tre posizioni venissero lette: forse le prime due mentre la terza aveva la funzione di spaziatura».
Se venissero lette solo le prime due posizioni, lasciando la terza come spaziatura, cioè se ordiniamo i quattro nucleotidi due a due, sarebbero stati sufficienti 42 = 16 amminoacidi. Secondo Paul Davis, (Da dove viene la vita,2000), raggruppare i quattro nucleotidi in coppie anziché in triplette e utilizzare 16 amminoacidi sarebbe stato molto più semplice per l’origine della vita.
La vita avrebbe potuto funzionare altrettanto bene con un numero di amminoacidi inferiore a 20. Probabilmente la vita non avrebbe raggiunto il grado di complessità di oggi, ma avrebbe funzionato.
Perché non è stata fatta questa scelta?
Ma possiamo anche chiederci: avendo a disposizione 4 basi perché non è stato scelto un codice 4:1? Certo, con un simile codice si possono codificare 44 = 256 amminoacidi, con il rischio aumentare gli errori di traduzione; e come facevano le molecole a sapere di tale rischio. D’altra parte, la scelta del codice non può essere stata un processo evolutivo perché la vita non esisteva ancora e quindi neanche l’evoluzione.
C’erano quindi tre possibilità: un codice 2:1, 3:1 o 4:1, ha predominato il codice a tripletta 3:1. Ma questo significa che il trinucleotide che espone la tripletta deve possedere una sua peculiarità. Il trinucleotide deve cioè possedere almeno una proprietà che la distingue dagli altri codici.
Fatta questa precisazione, se alle origini non esistevano processi evolutivi, se non poteva esistere un sistema di adattatori a tRNA con enzima specifico per ciascun amminoacido perché troppo complesso, allora doveva esistere un’affinità stereochimica non tra triplette (codoni) e amminoacido ma tra trinucleotidi e amminoacidi; un’interazione chimico-fisica diretta che codificasse immediatamente l’informazione dell’acido nucleico.
E allora, andiamo innanzitutto alla ricerca di qualche indizio di una tale affinità stereochimica e, successivamente, quale proprietà distingue il trinucleotide dagli altri codici.
Come abbiamo già ampiamente illustrato in altri articoli, il quarzo cristallino a contatto con soluzioni dà origine, sulla sua superficie, a doppi strati elettrici paragonabili a micro condensatori. Attraverso la misura dei potenziali di flusso si evince che gli amminoacidi si accumulano sulla superficie del quarzo a ben determinati potenziali, potenziali specifici.
Ebbene, tra la struttura del codice genetico e i potenziali specifici degli amminoacidi sembra esistere un corrispondenza reciproca, in particolare:
1) Otto amminoacidi su venti vengono codificati già dalle prime due lettere (la terza viene indicata con un puntino), cioè ciascun amminoacido, come si vede dalla tabella del codice genetico, è già codificato da una sola coppia di basi in 1a e 2a posizione. E sono:
Leu – CU∙     Val – GU∙     Ser – UC∙     Pro – CC∙     Thr – AC∙     Ala – GC∙    Arg – CG∙     Gly - GG∙
Di questi amminoacidi, i tre a nostra disposizione presentano ciascuno un solo potenziale specifico.
Pro 10,10 mV    Val 9,90 mV   Ala 9,70 mV
2) Otto coppie di amminoacidi vengono codificati già dalle prime due lettere, cioè in otto casi, due amminoacidi vengono codificati dalla stessa coppia di basi in 1a e 2a posizione. E sono:
 (Phe, Leu) – UU∙,         (Ileu, Met) –AU∙,        (His, Gln) – CA∙,          (Asn, Lys) –AA∙,     
 (Asp, Glu) – GA∙,      (Cys, Trp) –UG∙,       (Ser, Arg) –AG∙,          (Tyr, t) –UA∙, con t segnale di termine.
Di questi i quattro a nostra disposizione:
Due amminoacidi, Phe e Leu, presentano lo stesso potenziale specifico 9,50;
E altri due, Ileu e Met, presentano lo stesso potenziale specifico 9,30.
3) Inoltre due coppie di basi UU∙ e CU∙ codificano la Leu, la Leu presenta due potenziali specifici, 9,50 e 8,10.
Riportiamo il Grafico già esposto nel post n. 19 “origine delle proteine: parte terza” che riporta i potenziali specifici degli amminoacidi a nostra disposizione:
  

È evidente una corrispondenza tra la coppia di basi in 1a e 2a posizione della tripletta e il potenziale specifico degli amminoacidi.
Una sola coppia di basi riconosce un amminoacido: un solo potenziale per un amminoacido.
Una sola coppia di basi riconosce due amminoacidi: un solo potenziale per i due amminoacidi.
Due coppie di basi riconoscono un amminoacido: due potenziali per tale amminoacido.
Tale corrispondenza è reciproca nel senso che: i potenziali generati dai doppi strati elettrici confermano la centralità delle basi in 1a e 2a posizione, ma la centralità di tali basi conferma il suo collegamento con i doppi strati elettrici. Ma allora, la centralità di tali basi deve risultare della stessa natura, cioè di tipo elettrochimico, altrimenti ci ritroviamo a confrontare nuovamente proprietà degli amminoacidi con lettere dell’alfabeto. C’è quindi un indizio di un’affinità stereochimica, che potrebbe essere la traccia di un rudimentale meccanismo di sintesi delle proteine che, “fossilizzata”, dall’epoca prebiotica è giunta fino a noi.
Ma come possiamo spiegare tale affinità stereochimica?
Abbiamo già detto che il quarzo a contatto con una soluzione dà origine, sulla sua superfice, a un doppio strato elettrico che ci ha permesso di conoscere i potenziali specifici. Tale meccanismo lo abbiamo infine esteso anche alla silice colloidale. E allora, ricordando che non esistono proprietà delle basi ma del trinucleotide, estendiamo tali concetti ad una molecola di RNA in epoca prebiotica.
L’RNA e una grande molecola che a contatto con una soluzione dà origine, sulla sua superficie, a doppi strati elettrici. Ogni trinucleotide, rappresentato infine da una tripletta, ha la proprietà di generare un suo campo elettrico specifico. All’interno di tale campo elettrico le linee di forza devono avere un andamento elicoidale determinate dalla presenza della forma Destro del Ribosio, cioè dal D-Ribosio, e sono paragonabili al foro di una vite. Se il potenziale di tale campo elettrico è specifico per un amminoacido, quest’ultimo, a struttura sinistrorsa, il cui campo elettrico presenta un dipolo molecolare assimilabile ad una vite, lo riconosce, ed essendo ad esso complementare si attacca alla trinucleotide abbassando l’energia del sistema.
All’interno di questo doppio strato elettrico, come abbiamo ampiamente illustrato nell’articolo precedente, (L’origine delle proteine: la sintesi dei polipeptidi), gli amminoacidi, trascinati dalla “freccia del tempo”, hanno trovato le condizioni necessarie per la loro sintesi in proteine.   Esisterebbe quindi una legge di corrispondenza tra trinucleotide e amminoacido specifico, un sistema chimico-fisico di riconoscimento e complementarietà. Questo tipo di riconoscimento elettrochimico diretto, rappresentato con 3:1 una tripletta un amminoacido, potrebbe aver funzionato in epoca prebiotica. Esso si è traferito, attraverso processi evolutivi, nell’attuale meccanismo, molto elaborato, che comporta la partecipazione di RNA di trasporto, ribosomi ed enzimi.
È probabile che ogni trinucleotide, rappresentato dal codice 3:1, ha la proprietà, che lo distingue dagli altri codici, di delimitare un proprio campo elettrico ad andamento elicoidale paragonabile al foro di una vite. Tale campo elettrico è fissato principalmente dai nucleotidi che espongono le basi in 1a e 2a posizione, con la 2a posizione dominante, e in misura minore dal nucleotide che espone la base in 3a posizione. Questo significa che non è possibile prendere una parte di un trinucleotide e un’altra parte di un trinucleotide adiacente per costituire un nuovo trinucleotide e codificare un nuovo amminoacido. Il campo elettrico di un trinucleotide non è saltabile.
Da queste considerazioni risulta che la terza base non ha avuto veramente la funzione di spaziatura come suggerito da Ageno. Come abbiamo sopra esposto, le quattro triplette con le prime due lettere UU codificano la Leu e Phe mentre la terza base li distingue. Analogamente le quattro triplette che iniziano con AU codificano Ileu e Met mentre la terza base li distingue. Alcune ricerche, come abbiamo già illustrato, hanno evidenziato un ruolo minore della terza base nel codice genetico. Probabilmente il nucleotide che contiene la terza base completa e perfeziona il campo elettrico del trinucleotide, ma il suo contributo al potenziale è debole e l’apparecchio per la misura dei potenziali non è riuscito a rilevare.
Ora, è possibile che l’ipotesi sopra esposta abbia lasciato delle tracce cristallizzate nelle attuali strutture molecolari dell’mRNA e delle proteine, tracce provenienti da quel lontano passato?
Esistono dati certi che possiamo prendere come indizi per avvalorare questa ipotesi?
Dobbiamo partire da una premessa: se un amminoacido riconosce un trinucleotide nella molecola dell’mRNA, un trinucleotide riconosce un amminoacido nella struttura dell’ꭤ-Elica delle proteine.
1° Indizio.
Come abbiamo evidenziato in articoli precedenti, la silice colloidale ruota il piano della luce polarizzata e sembra dare origine a strutture del tipo quarzo Levo. Ma le strutture del Quarzo levo, all’analisi dei raggi X, sono risultate eliche Destrorse e quindi, anche le strutture della silice colloidale devono essere eliche Destrorse. Inoltre abbiamo ipotizzato altrove che la silice colloidale ha trattenuto sulla sua superficie gli amminoacidi Levo dove si possono sintetizzare i polipeptidi. Ma se la silice colloidale presenta eliche Destrorse anche i polipeptidi formati sulla sua superfice devono essere Destrorse. E
infatti una delle strutture secondarie delle proteine è l’ꭤ-Elica Destrorsa.     
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Ora, se un trinucleotide riconosce un amminoacido dell’ꭤ-Elica Destrorsa e immaginiamo che su di essa si è sintetizzato un RNA, anche quest’ultimo deve essere Destrorso. E infatti l’RNA è un’elica Destrorsa. Questa analogia potrebbe suggerire che l’RNA                                
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è Destrorso perché ha utilizzato come stampo l’ꭤ-Elica Destrorsa, la quale è Destrorsa perché ha utilizzato come stampo la silice colloidale Destrorsa. L’andamento Destrorso di queste molecole potrebbe rappresentare una prima traccia cristallizzata nelle loro strutture, un indizio di un loro lontano legame.
Un famoso detective avrebbe detto: il primo indizio è solo un caso.

2° Indizio.
Ma esiste qualche riscontro per ipotizzare che, in epoca prebiotica, l’RNA ha utilizzato l’ꭤ-Elica Destrorsa come stampo?
La struttura elicoidale delle proteine, l’ꭤ-Elica Destrorsa, è una struttura periodica, costituita da amminoacidi, che dopo un giro torna sulla retta della sua posizione iniziale. Ogni giro d’elica comprende 3,6 amminoacidi. Per riconoscere 3,6 amminoacidi necessitano 3,6 Trinucleotidi. Ogni trinucleotide è formato da tre nucleotidi, quindi 3,6x3=11. Per riconoscere i 3,6 amminoacidi di un giro dell’ꭤ-Elica ci vogliono 11 nucleotidi.
La struttura elicoidale dell’RNA è anch’essa una struttura periodica, costituita da nucleotidi, che dopo un giro torna sulla retta della sua posizione iniziale. E quanti nucleotidi comprende un giro d’elica dell’RNA? 11 nucleotidi, cioè 3,6 trinucleotidi che servono a riconoscere 3,6 amminoacidi.
Forse è più efficace una illustrazione geometrica. Se proiettiamo su un piano un giro d’elica dell’ꭤ-Elica otteniamo un cerchio. Dividendo l’angolo giro per il numero degli amminoacidi per ogni giro d’elica avremo, 360°:3,6=100°.
 Ogni molecola di amminoacido copre un arco di cerchio di 100° dove sono racchiuse le proprietà dell’amminoacido.
Se proiettiamo su un piano un giro d’elica dell’RNA otteniamo un cerchio. Un giro d’elica dell’RNA contiene 11 nucleotidi, cioè 3,6 trinucleotidi. Dividendo l’angolo giro per il numero dei trinucleotidi per ogni giro d’elica avremo, 360°:3,6=100°. Ogni trinucleotide copre un arco di cerchio di 100° dove sono racchiuse le proprietà del trinucleotide come entità a sé.
Quindi, 3,6 Amminoacidi e 3,6 trinucleotidi ciascuno nella propria elica coprono un arco di cerchio uguale, 100°; questa uguaglianza si può ascrivere ancora al caso?
Ma il nostro famoso detective avrebbe aggiunto: il secondo indizio è solo coincidenza.
3° Indizio
Tutti gli amminoacidi contengono un atomo di carbonio cui sono legati un atomo di H, un gruppo NH2, un gruppo carbossilico –COOH e una catena laterale R. A distinguere un amminoacido dall’altro è proprio questa catena laterale R. L’ꭤ-Elica è una struttura stabilizzata da legami idrogeno che la compattano, e al suo interno non c’è spazio libero. Tutte le catene laterali R, che distinguono l’amminoacido, sono disposti all’esterno dell’elica cioè nella parte convessa (vedi immagine ꭤ-Elica).
La struttura elicoidale dell’RNA è anch’essa stabilizzata da legami idrogeno tra le basi azotate. Nell’elica dell’RNA le basi stanno però all’interno dell’elica, cioè nella parte concava (vedi immagine elica RNA). Questo vuol dire che l’arco di cerchio dell’RNA, che contiene nella parte concava il trinucleotide e quindi la tripletta, si può sovrapporre all’arco di cerchio dell’ꭤ-Elica che, nella parte convessa, contiene l’amminoacido. Trinucleotide e amminoacido si trovano, quindi, nelle condizioni geometriche di interagire, le due eliche si possono sovrapporre.
E cosa avrebbe detto il nostro detective in merito al terzo indizio? A voi la risposta.
4° Indizio.
Immaginiamo un arco di cerchio di 100° dell’RNA che contiene, nella parte concava, un trinucleotide.
Avviciniamo questo arco alla parte convessa di un arco di cerchio di 100° dell’ꭤ-Elica che contiene la catena laterale dell’amminoacido. Trinucleotide e amminoacido possono interagire ma i loro atomi non si possono toccare, anzi stanno ad una distanza mediamente di circa 4 Å (angstrom). Ma allora, il raggio (in rosso) che sottende l’arco di cerchio di 100° dell’RNA deve essere necessariamente
maggiore del raggio (in nero) dell’arco di cerchio di 100° dell’ꭤ-Elica. E così è: il raggio dell’elica dell’RNA è di circa 10 Å mentre il raggio dell’ꭤ-Elica risulta circa 6 Å. Questo significa che l’elica dell’RNA si può avvolgere all’ꭤ-Elica facendo corrispondere ogni trinucleotide ad un amminoacido.
Mentre al nostro detective sarebbero bastate tre indizi noi ne abbiamo fornito un quarto.
La teoria sopra esposta evidenzia una correlazione tra dati sperimentali, struttura del codice genetico e struttura molecolare di proteine e RNA.
In chimico-fisica si definisce fase una porzione omogenea di materia limitata da superfici di separazione definite. Così per esempio: ghiaccio in acqua, particelle di grasso nel latte, sabbia in acqua sono costituite da due fasi, solida e liquida; sono cioè sistemi bifasici.
Le soluzioni colloidali sono costituite da un fase liquida in cui sono disperse particelle le cui dimensioni variano da 10 Å a 1000 Å. Esse sono caratterizzate da una notevole superficie e sono quindi sistemi bifasici. Le macromolecole fondamentali della vita, proteine, acidi nucleici ecc., rientrano nelle caratteristiche dei colloidi e quindi, in soluzione, anch’esse danno origine a sistemi bifasici.
Già H. v. Helmholtz, nel 1879, aveva proposto che alla superficie di separazione tra due fasi si forma sempre un doppio strato elettrico. I fenomeni che si osservano per effetto della presenza del doppio strato elettrico furono chiamati, a quell’epoca, effetti elettrocinetici. Poiché la teoria sopra esposta si fonda sulle proprietà del doppio strato elettrico alla superficie delle suddette macromolecole possiamo denominare tale teoria: Origine elettrocinetica del codice genetico.   
L’origine elettrocinetica del codice genetico postula una interazione chimico-fisica diretta tra amminoacidi dell’ꭤ-Elica e trinucleotidi, e tra amminoacidi e trinucleotidi dell’mRNA. Essa rappresenta un meccanismo di traduzione primitivo che collega il codice genetico ai principi della fisica e della biologia ed è attraverso tali principi che si spiega l’universalità del codice genetico.


                                                                                                                       Giovanni Occhipinti

Prossimo articolo: Asimmetria molecolare e campo magnetico terrestre; analisi di un nuovo esperimento.(fine giugno)

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