sabato 1 febbraio 2014

ORGANISMI VIVENTI: CORPO, CERVELLO, MENTE. Parte seconda: I BATTERI





Post n. 15
Come abbiamo evidenziato nella prima parte dell’articolo, un equipaggiamento cognitivo di base,  la Mente, è presente non solo negli organismi pluricellulari ma anche negli organismi unicellulari eucarioti. Ma cosa possiamo dire riguardo ad organismi più semplici. E poi, quando appare la mente nello scenario della vita?
Gli organismi unicellulari come l’ameba, il paramecio, Stentor e tutti gli organismi pluricellulari sono costituiti da cellule eucariote. Gli unicellulari eucarioti comparvero sulla terra circa 1,8 miliardi di anni fa e furono i primi organismi veramente indipendenti.
La cellula eucariote ha una struttura molto complessa.  Al suo interno essa contiene un nucleo dove si trova il materiale genetico associato a proteine. La cellula eucariote contiene anche alcune migliaia di organelli principalmente di due tipi diversi come perossisomi e mitocondri e, nelle cellule vegetali, anche i cloropasti. La struttura della cellula è mantenuta da una complessa struttura di microtubuli.
Esistono cellule molto più semplici degli eucarioti: i procarioti. I procarioti non contengono un nucleo e in loro materiale genetico è a diretto contatto con il resto della cellula. Essi non contengono organelli e microtubuli e la loro cellula risulta molto più piccola e semplice della cellula eucariote. Il diametro di quest’ultima è circa 20 volte più grande della cellula procariote e il suo volume circa 10.000 volte maggiore. Per avere un’immagine più eloquente, la cellula eucariote potrebbe contenere al suo interno circa 10000 procarioti. I procarioti comparvero sulla terra circa 3,5 miliardi di anni fa e per circa 2 miliardi furono dominatori incontrastati del pianeta.
I discendenti diretti dei procarioti primitivi sono oggi batteri e cianobatteri, e si ritiene che la loro massa organica sia almeno il doppio di tutti gli altri organismi viventi sul nostro pianeta. Batteri e cianobatteri sono i più piccoli   organismi viventi conosciuti. Più piccoli dei batteri ci sono i virus. Per la maggior parte dei biologi i virus non sono organismi viventi, ma questo è un discorso a parte.
Dunque esistono organismi viventi più piccoli di Stentor: i batteri. Ma come vivono i batteri e qual è il loro comportamento?
I batteri si possono trovare allo stato planctonico, cioè come cellule indipendenti in un mezzo acquoso, o nello stato sessile, dove le cellule sono attaccate, le une accanto alle altre, su una superfice solida dando origine a colonie. 
Siamo nell’agosto del lontano 1976, Julius Adler pubblica su Le Scienze “ La chemiosensibiltà dei batteri”. Adler ci informa che già dall’inizio del novecento era noto che i batteri sono attratti da sostanze nutritive e si allontanano da sostanze nocive. E in merito al comportamento natatorio dei batteri, egli riporta gli studi condotti da Berg e Koshland, e da Koshland altri, su Escherichia coli e scrive:«[…] il risultato finale è che i batteri si addensano vicino alla fonte della sostanza di richiamo e lontano da quella della sostanza repellente. […] questi effetti sui movimenti dei batteri sono determinati non soltanto da gradienti spaziali (per esempio una concentrazione più elevata di sostanza di richiamo dalla parte destra rispetto alla sinistra), ma anche da gradienti temporali (per esempio una concentrazione più elevata somministrata un secondo dopo)».
Adler che nel 1969  aveva già scoperto i chemio sensori dei batteri, studiando i batteri allo stato planctonico (cioè come cellule indipendenti in un mezzo acquoso),  in conclusione scrive: «Infine, entrando nel campo della “psicologia” batterica, abbiamo messo in presenza di batteri un tubo capillare contenente non solo una sostanza di richiamo, ma anche una sostanza repellente. Così i batteri avevano da scegliere se entrare o no nel capillare. La loro “decisione” risulta dipendente dalle concentrazioni relative della sostanza di richiamo e di quella repellente. Il meccanismo che permette di “prendere una decisione” in una situazione di “conflitto” come questa è ancora ignoto, ma si può dire che i batteri sono capaci, in qualche modo, di integrare degli stimoli sensoriali multipli. […]. Alla stessa stregua, i batteri sono attratti dal caldo, ma non se la soluzione calda contiene un repellente abbastanza forte. In questi casi, i batteri devono integrare, o elaborare due informazioni sensoriali: la temperatura e le sostanze chimiche.
Gli elementi basilari, che rendono possibile il comportamento  
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in un organismo superiore, sono dunque presenti anche in una singola cellula batterica. […] Ovviamente devono esserci delle importanti differenze; per esempio, poiché i batteri sono cellule indipendenti, l’azione sinaptica tra cellula e cellula, che è così importante nel determinare il comportamento negli organismi più complessi, non può probabilmente realizzarsi in essi,  perlomeno non a livello cellulare».
Apprendiamo così che i batteri: si muovono entro schemi se…allora,  hanno a modo loro cognizione dello spazio e del tempo, risolvono situazioni di conflitto integrando stimoli sensoriali multipli ed elaborano informazioni sensoriali diverse; cioè i batteri ragionano. Ma tutto ciò si configura già come un equipaggiamento cognitivo di base.
Adler scrive che i batteri sono cellule indipendenti e l’azione sinaptica non può realizzarsi tra cellula e cellula. Ma come abbiamo detto, oltre che allo stato planctonico, questi microrganismi possono vivere allo stato sessile, dove le cellule sono attaccate, le une accanto alle altre, su una superfice solida dando origine a colonie.
Cos’è, nel mondo animale, il gruppo sociale?
Il termine è stato coniato da Ernst Mayr. In “L’unicità della biologia,2005”, Mayr afferma: «[…] il gruppo che ha successo agisce come un tutt’uno ed è, nel suo insieme, l’entità favorita dalla selezione». Gli scoiattoli di terra, per esempio, dispongono di un  sistema di sentinelle che, in presenza di predatori, emettono segnali e avvertono tutti gli altri componenti del gruppo di un incombente pericolo. Quindi, nel mondo animale, si è in presenza di un gruppo sociale quando si ha: interazione fra i suoi componenti, suddivisione del lavoro, cooperazione e quindi capacità comunicative.
Qual è il comportamento dei batteri allo stato sessile?
 
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Tra il 1970 e il 2000 è stata scoperta e studiata la comunicazione nei batteri. Come riportano Richard Losick e Dale Kaiser in “La comunicazione nei batteri”1997, «[…]si riteneva per lo più che i singoli membri di una colonia fossero essenzialmente rigidi individualisti, dediti solo a se stessi e ben poco comunicativi con i loro affini. Oggi sembra invece che la maggior parte dei batteri, se non tutti, comunicano con i loro vicini». Ma non solo, come ci informano gli autori, i batteri «conversano» anche con piante e animali emettendo segnali chimici e reagendo ad essi. È opportuno ricordare che secondo Enrico Bellone (già citato nella prima parte) « È difficilmente confutabile, ormai da decenni che gli organismi viventi siano in grado di comunicare tra loro, e che l’abilità comunicativa richieda forme di intelligenza».
  Sullo stato sessile, dalla metà degli anni novanta, si aggiunsero nuove conoscenze che hanno cambiato l’opinione di molti biologi sui batteri.
Come riportano J. W. Casterton e Philip S. Stewart in “Combattere i Biofilm”, Le Scienze 2001, lo studio sui batteri inizia alla fine del XIX secolo quando si è dichiarata valida la teoria dei germi di Robert Koch. Secondo gli autori le ricerche, condotte per un secolo in tutti i laboratori del mondo, poggiavano su presupposti non del tutto esatti, poiché si immaginavano i batteri come cellule separate. Insomma si pensava che i batteri conducessero una vita libera, indipendente, anche se all’interno di colonie. E gli autori scrivono: «Ma questa immagine era legata al modo in cui i ricercatori di solito esaminano i microrganismi: osservando al microscopio le cellule in coltura sospese in una gocciolina di liquido. Si tratta di un procedimento comodo da un punto di vista operativo, ma non del tutto appropriato, perché queste condizioni sperimentali non corrispondono affatto a quelle dell’ambiente in cui i microrganismi si trovano effettivamente a vivere». Insomma, intorno alla metà degli anni novanta si è scoperto che se i batteri si trovano in colture di laboratorio, con il nutrimento a disposizione, essi possono vivere in modo indipendente oppure  si organizzano in colonie attaccate a superfici solidi. In ambienti naturali, dove la loro sopravvivenza è minacciata, i batteri si organizzano in micro colonie, tenute assieme e protette da pellicole molto complesse e resistenti chiamate “biofilm”. I batteri che si trovano in colture di laboratorio ricche di nutrimento non danno origine a “biofilm”. 
Come si evince dall’articolo citato, queste ricerche hanno evidenziato che il biofilm costituisce i 2/3 di tutto il materiale della micro colonia ed è percorso da micro canali attraverso i quali passano i nutrienti. All’interno dei biofilm, negli ambienti naturale, le cellule comunicano, organizzano tutte le strategie per la loro sopravvivenza e la loro riproduzione producendo centinaia di proteine che non si trovano nelle cellule in colture di laboratorio. 
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 Si è anche scoperto che alcuni batteri sfuggono dalle colonie rimanendo liberi per breve tempo (forma planctonica). Essi però, attraverso l’emissione di  molecole segnali, si riuniscono in altro luogo. Quando sono riunite abbastanza cellule e le molecole segnale raggiungono una determinata  concentrazione,  hanno origine cambiamenti nell’attività di alcuni geni e si innesca la produzione del biofilm. Questo meccanismo viene chiamato “individuazione del  quorum” o “quorum sensing”.
Dopo altri cinque anni di ricerche, i meccanismi di comunicazione dei batteri sono risultati così complessi che un nuovo articolo su “Le Scienze 2005”, di Cristina Valsecchi, porta un titolo emblematico: “La vita sociale dei batteri”. In esso si evidenzia come a seconda delle specie e delle condizioni ambientali, il “quorum sensing” regola le più disparate funzioni dei batteri: lo scambio di materiale genetico, la mobilità delle cellule, la sintesi del biofilm, la produzione di sostanze tossiche, la comunicazione e la cooperazione non solo tra cellule della stessa specie ma anche tra batteri di specie diverse. Cristina Valsecchi riporta quanto afferma uno dei massimi esperti al mondo di biofilm, Roberto Kolter: «[…] in laboratorio, coltivati in provetta in un ambiente favorevole, ricco di sostanze nutritive, i batteri si comportano come cellule isolate e indipendenti, non hanno alcun motivo di interagire. È in condizioni difficili che i microorganismi si aggregano, comunicano e fanno fronte comune per assicurare la propria sopravvivenza e la loro riproduzione.[…]La maggior parte degli agenti patogeni dell’uomo forma biofilm nell’organismo degli ospiti infettati […]» Inoltre, aggiunge l’autrice: «Nei biofilm, i microrganismi unicellulari subiscono trasformazioni che li portano a specializzarsi. La colonia assume le caratteristiche di un organismo pluricellulare». E Kolter aggiunge: «La specializzazione ha un ruolo importante anche nello sviluppo della resistenza ai farmaci: i batteri che formano lo strato superiore in un biofilm sono i primi ad essere raggiunti dai farmaci. Con opportuni messaggeri chimici avvertono gli strati sottostanti di microrganismi che hanno il tempo di attivare le difese molecolari sulle membrane delle cellule per respingere l’attacco»
Intorno al 2006 sono state messe a punto varie tecnologie per coltivare biofilm in laboratorio. Come ci informano Joe J. Harrison e Raymond J. Turner in “Biofilm” Le scienze, luglio 2006: «Una di queste usa un disco rotante collocato nel brodo di coltura in  cui è stata iniettata una colonia batterica. La forza indotta della pressione del fluido provocata dalla rotazione stimola la formazione di un biofilm sul disco».
Insomma, anche in colture di laboratorio, appena l’ambiente diventa ostile, i batteri danno origine ad uno schermo protettivo, il Biofilm.
Harrison e Turner ammettono comunque che: « A dire il vero, non tutti concordano sul fatto che i biofilm siano il principale assetto che i batteri assumono in natura. La stragrande maggioranza dei metodi di laboratorio usati attualmente analizza micro organismi coltivati in forma planctonica».
E importanti risultati si sono ottenuti anche  studiando colture di batteri, in laboratorio, nello stato sessile.
Anna Kuchment in “Il batterio più intelligente”, Le Scienze 2011, riporta quanto afferma Eshel Ben-Jacob su uno studio di colonie di Paenibacillus vortex fatte crescere in una capsula di Petri: «Agendo insieme, questi organismi microscopici possono percepire l’ambiente, elaborare informazioni, risolvere problemi e decidere in modo da prosperare in ambienti difficili».
E Hanna Engelberg-Kulka e colleghi in “PLoS Biology” (da Le Scienze on line) hanno scoperto che i batteri hanno due sistemi di morte programmata (Apoptosi). Uno di questi sistemi è dipendente dalla densità cellulare e si innesca in caso di crisi alimentare. Tale meccanismo determina la morte di un numero sufficiente di batteri per garantire ai sopravvissuti le necessarie materie prime.
Insomma, le ricerche condotte nell’ultimo decennio sui batteri fanno ormai largo uso di termini come: comunicazione, cooperazione, linguaggi, comportamenti sociali, intelligenza, informazione, altruismo; sembra di leggere articoli su “Psicologia contemporanea”. A tutto ciò bisogna aggiungere che i batteri si muovono entro schemi se…allora,  hanno a modo loro cognizione dello spazio e del tempo, risolvono situazioni di conflitto e elaborano informazioni sensoriali diverse.
In definitiva, allo stato planctonico i batteri presentano un equipaggiamento cognitivo di base. Nello stato sessile, oltre a presentare un equipaggiamento cognitivo di base, i batteri hanno un comportamento simile al comportamento dei gruppi sociali che si riscontrano tra gli animali. E per ciò che riguarda l’organizzazione, i batteri superano di gran lunga gli animali. Essi infatti, attraverso il “Quorum sensing” si costruiscono a modo loro delle “città” e quando la loro comunità diventa troppo numerosa alcuni emigrano e vanno a colonizzare altri luoghi. Che roba ragazzi!
Ma i batteri non hanno un cervello!
Come abbiamo già detto in precedenza, senza voler entrare nel campo filosofico di cui non abbiamo né le competenze né la voglia,  partiamo solo dai fatti, dalla constatazione che concetti tipici della nostra mente sono posseduti anche da organismi che non hanno cervello.
Allora la questione è, cosa genera nei procarioti: ragionamenti, comunicazione, linguaggi, intelligenza, informazione, altruismo e comportamenti sociali, concetti tipici della nostra mente?
Nella prima parte dell’articolo abbiamo già evidenziato come  Shimon Edelmann, dopo aver messo in evidenza che la mente è un fascio di calcoli al servizio della previsione e il cervello esegue quei calcoli, conclude: se quello che il cervello fa può essere fatto con altri mezzi, allora può esistere una mente anche senza che ci sia bisogno di un cervello.
 E allora parafrasando ancora Shimon Edelmann: se quello che il cervello fa può essere fatto con altri mezzi, allora i batteri anche se non dotati di cervello sono in possesso di una mente.
Quali siano questi “altri mezzi” non lo sappiamo ancora, ma i procarioti  sono in possesso di una mente, giusto quanto basta per la loro sopravvivenza.
E allora, partendo dai batteri e proseguendo dagli organismi unicellulari eucarioti ai pluricellulari fino agli organismi superiori come piante e animali, sembra che non c’è vita senza un equipaggiamento cognitivo di base, non c’è sopravvivenza senza una mente, e a ciascuno la sua mente. In definitiva, tutti gli organismi viventi sono in possesso di una mente e nello scenario della vita, la  mente appare senza che ci sia bisogno di un cervello.
La mente deve essere stata una proprietà emergente, nel senso dato all’emergenza da Ernst Mayr in “L’unicità della biologia”2005: «La comparsa di caratteristiche impreviste in sistemi complessi». «Essa non racchiude nessuna implicazione di tipo metafisica». «Spesso nei sistemi complessi compaiono proprietà che non sono evidenti (né si possono prevedere) neppure conoscendo le singole componenti di questi sistemi».
Ma quando appare la mente nello storia della vita, quali sono questi “altri mezzi” che danno origine alla mente e perché appare la mente?

  
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                                                                                       Giovanni Occhipinti